Siamo volati a Parigi per il Bacardi Legacy Tour, la sfida globale a colpi di shaker tra i migliori bartender. Ecco chi ha vinto e come si insegue un sogno: creare il cocktail del futuro
Parigi val bene una messa, certamente. E val bene anche un cocktail, anzi otto super cocktail, uno per ogni bartender che il 23 febbraio ha partecipato alle finali nazionali dell’edizione 2015 della Bacardi Legacy Global Cocktail Competition. Una sfida globale a colpi di shacker, mix innovativi e ingredienti ricercati che ogni anno vede sfidarsi barman professionisti da tutti i paesi del mondo con un unico, ambizioso obiettivo: preparare il cocktail perfetto, in grado di ritagliarsi uno spazio accanto ai celebri Mojito, Daiquiri e Cuba Libre Bacardi, i classici immortali del brand cubano.
Al Théâtre du Renard, nel Marais, la notte della finale è stata lunga e adrenalinica. All’insegna della competitività ma anche del fair play, perché le sfide tra bartender sono un po’ come quelle tra i giocatori di rugby: ci si affronta ma alla fine si ritorna amici. I 5 sfidanti italiani si conoscevano già, almeno di nome, e la loro è stata una gara giocata a suon di mosse, profumi, sapori. All’ultima goccia. Ne è uscito vincitore il romano Federico Tomasselli. Sarà lui il migliore del mondo? Lo sapremo il prossimo 3 maggio, quando a Sidney una giuria composta da esperti internazionali di liquori decreterà il bartender più bravo del mondo.
MA COME È ANDATA?
A contendersi il biglietto per la semifinale e la finalissima di Sidney c’erano, oltre ai francesi Remy Savage, Christiana Monaco e Franck Dedieu, gli italiani Massimo Stronati, Silvia Ghioni, Adriano Castigliola, Luca Marcellin e quello che sarebbe stato incoronato vincitore a fine serata, Federico Tomasselli. Ognuno di loro ha preparato il suo cocktail “in diretta”, a favore di giudici e delle telecamere, e anche prima della gara per il pubblico presente, il cui giudizio si è sommato a quello della giuria.
Tempo a disposizione per ogni bartender: 9 minuti a testa, da usarsi sia per la presentazione che per la preparazione del cocktail. Bontà dei drink a parte, dal punto di vista scenografico i concorrenti italiani sono stati meno convincenti di quelli francesi, per colpa dell’emozione da trasferta e anche per l’inglese un po’ claudicante. Non a caso, il vincitore tra i concorrenti francesi, Franck Dedieu, ha colpito la giuria non solo per la bontà del suo cocktail (Le latin, a base di Bacardi Carta Blanca e vino bianco) ma anche per il modo in cui è riuscito a coinvolgere giudici e pubblico.
LA SFIDA TRA I CINQUE BARTENDER ITALIANI
1) Massimo Stronati, che lavora al Dopping Club di Milano, si è presentato con il cocktail La chica, inventato per una ragazza con la passione del Daiquiri. Un drink ispirato da una donna quindi, dal gusto morbido e sensuale: un Daiquiri classico a cui è stato aggiunto liquore italiano al gusto di camomilla, un sentore di assenzio e due gocce di Aphrodite Bitter, una preparazione a base di semi di cacao, peperoncino, zenzero, caffè e ginseng.
2) Adriano Castigliola, italiano con sangue tahitiano, era in gara con un cocktail dal sapore fresco ed esotico, La Marama, parola che in tahitiano significa “Il Trendsetter”. Il cocktail è ispirato a Donn Beach, altrimenti noto come Don the Beachcomber , il padre fondatore dei tiki bar polinesiani, diventati di moda in tutto il mondo. Gli ingredienti de La Marama sono Rum Bacardi, miele, lime e succo d’ananas.
3) Silvia Ghioni, bartender freelance che lavora a Milano. Si è presentata con La Hora Feliz, in cui ha accostato Bacardi Carta Oro, rum, Martini Gran Lusso, Frangelico, un liquore italiano a base di nocciole e un estratto di cacao chiamato Aztec Chocolate Bitter Fee Brothers, che serve ad esaltare il gusto del cocktail e a dargli maggiore profondità. Il risultato è stato una rivisitazione ben riuscita del classico Hanky Panky.
4) Don’t worry about the storm, questo il nome scelto per il suo cocktail da Luca Marcellin, barman che lavora nella catena Four Seasons di Milano. Marcellin è partito con una citazione di Alex Turner (che non è il frontman degli Arctic Monkeys ma uno dei più celebri mixologist inglesi): “L’immagine che un cocktail riesce a trasmettere è uno dei motivi principali che spinge una persona a scegliere un drink piuttosto che un altro”. E come dargli torto? Il cocktail di Marcellin aveva un gusto deciso e caldo, perfetto per l’inverno. Ingredienti: Bacardi Carta Oro, lime, concentrato di Chai, un tè aromatizzato indiano, estratto di cacao e whiskey Laphroaig.
5) Infine, il vincitore per l’Italia, Federico Tomasselli, che insieme al francese Franck Dedieu volerà a Sidney a maggio per la parte finale del Bacardi Legacy Tour. Tomasselli, 26 anni, romano del quartiere Pigneto, si è aggiudicato la vittoria con un cocktail chiamato Cuban Saint a base di Bacardi Carta Blanca, Frangelico, assenzio, succo di lime e zucchero bianco di canna. Lo abbiamo intervistato a fine gara.
Come inizia la tua carriera?
«Come quella di un sacco di ragazzi, andando a Londra. Io sono partito nel 2008 e ho iniziato a lavorare al TownHouse-Lab di Knightsbridge, che oggi purtroppo è chiuso. Era un posto incredibile, in una zona di Londra magnifica, è stato davvero il punto di partenza di tutto».
E poi?
«A Londra potevo pure rimanerci, ma Roma mi mancava, e mi mancava la mamma. Allora sono tornato in Italia nel 2010 e ho lavorato per due anni al Sofitel Hotel. Poi dopo altri due anni sono finito al Barnum Cafè, sempre a Roma, dove lavoro adesso».
Come siete arrivati a Parigi tu e i tuoi colleghi?
«Abbiamo inviato online la presentazione del nostro cocktail e una giuria ha decretato che i nostri erano i drink migliori per rappresentare l’Italia nella fase finale che si terrà a maggio in Australia».
L’ingrediente che ti ha fatto vincere?
«Più che altro penso sia merito del giusto mix di ingredienti. L’assenzio ha dato profondità al cocktail, ma il tocco in più lo ha dato il frangelico, un liquore italiano (piemontese, ndr) fatto con nocciole selvatiche, che stranamente è più conosciuto all’estero che da noi».
Cosa consigli a chi vuole diventare bartender di successo?
«Tanta pratica, in qualunque momento della giornata. E tanta creatività e voglia di inventare. All’inizio è dura, quando ti prendono a lavorare in un bar o in ristorante puoi fare poco, di certo non puoi preparare cocktail ideati da te per i clienti. Ma la bravura si dimostra con il tempo».
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